Le Mignatte di Don Pasquale


(Antonio Molfese)

 

 Ho ritrovato in un vecchio volume di mio padre medico alcune notizie sulle  sanguisughe  e sul loro  impiego nella pratica medica e subito  mi e’ balzato alla mente  don Pasquale Belluscio il farmacista di S. Arcangelo fino agli anni 70  e tale  Amorosi barbiere che aveva il  salone  lungo il Corso Vittorio Emanuele. Ricordo da bambino il vaso di  ceramica  bianco chiuso da un  coperchio  con  numerose  aperture  circolari alla sommita’ con dipinte  alcune mignatte di colore verde che spiccava sul bancone.  La farmacia centrale a me familiare e meta quotidiana o perche’ mio padre medico condotto mi dava appuntamento per qualche servizio da sbrigare o perche’ amico di  Franco figlio di don Pasquale passavo dalla  farmacia per incontrarlo. Ricordo che amorosi  chiamato “U NEGUS” perche’  di carnagione scura ma anche perche’ aveva soggiornato nei paesi arabi curava come meglio poteva le mignatte di don pasquale d’estate portava in bottiglia di vetro colma di acqua limpida le mignatte, appena c’era qualche  richesta di  “sanguisughe” da parte dei medici.      

                                  

 Ai  primi  degli  anni  50  ancora  si   usavano   come decongestionanti di parti infiammate e per  far  diminuire  il dolore causato dalla tensione  che  il  processo  infiammatorio aveva provocato in alcune parti del corpo. Da allora il loro impiego e’ stato soppiantato dalla terapia medica,  chirurgico o  fisica.

Mi e’ stato riferito che le mignatte le applicava il barbiere agli uomini, la moglie del barbiere alle donne specialmente nelle parti intime; non si staccavano fino a quando non erano sazie e piene di sangue. I vasi sanguigni drenati dalle mignatte si lasciavano aperti per il necessario sgorgo.se bisognava interrompere la fuoriuscita di sangue si usava olio di oliva o una fava sbucciata ed applicata con lieve compressione sulla ferita.

 La sanguisuga o mignatta che  vive   nelle  acque  stagnanti, raramente  in  quelle   a   lento   corso,   presenta   corpo  cilindroide, alquanto appiattito  alla  superficie  ventrale, assottigliato in modo manifesto nella parte  anteriore;  puo’  diventare lungo e sottilissimo, oppure corto o grosso fino ad assumere la forma di una ghianda. L’apertura boccale e’ munita di tre piccole mascelle disposte a stella e munite nel margine di 60-70 denti ciascuna la sanguisuga medicinale  e’  di  color  verde  piu’  o  meno olivastro sulla faccia dorsale con  6  strisce  longitudinali diritte rosso-brune e macchiate di nero.   

                                                                                                                     

La   conservazione di  sanguisughe  vive  richiedeva  molte cure. Nelle farmacie si tenevano  soltanto poche sanguisughe e si  conservavano  in  vasi  di  gres  contenenti poca  acqua e coperti da una garza robusta a  tessuto  non troppo fitto. Si cambiava l’acqua ogni due  giorni  d’estate ogni settimana d’inverno avendo   cura di porre il vaso in  luogo  fresco  non  esposto  a  rapidi  sbalzi  di temperatura ne’ ad emanazioni di  sostanze  odorose  (canfora,jodoformio)  o  di  sostanze  ammoniacali  od  acide   (acido cloridrico ecc). Di solito si tenevano in cantina e si evitava  l’accumularsi di mucosita’ alla superficie  del  corpo  delle  sanguisughe, sulle pareti e sul fondo dei  vasi  in  cui  si  conservavano, perche’  dette  muscosita’  essendo  facilmente  putrescibili potevano facilitare malattie che le decimavano.                                                                                                                

 Per estrarre le sanguisughe non si adoperavano le  mani,  ma bensi’ due cucchiai di legno o di porcellana, o meglio ancora  dei piccoli setaccini con manico.                                             

Le sanguisughe si “dispensavano” entro vasetti di porcellana o entro  bicchieri  di  vetro  coperti  con  garza  e  con  una  mussolina a maglie rade. L’aggiunta di un  po’  d’acqua  era spesso superflua.  Perche’ le sanguisughe si attaccassero bene alle parti  da  cui si voleva “levare il sangue” era necessario  che  queste  fossero ben pulite ed asciutte  come pure   le  mani  di  chi  le     applicava. Spesso le escrezioni proprie di certe malattie o i medicamenti applicati sulla parte erano la causa per cui le mignatte rifiutavano di succhiare: se la pelle era molto calda per la febbre  e  molto  indurita come per esempio sul palmo  della mano, bisognava far  precedere  al sanguisugio un bagno tiepido o l’applicazione di lozioni emollienti. Per  applicare  le  sanguisughe  si  toglievano  dall’acqua  si asciugavano con un pannolino  fino  poi  si  ponevano  in  un piccolo bicchiere che si capovolgeva in  modo  che  la  bocca di esso aderisse alla pelle. Se la parte anatomica  non  permetteva  l’applicazione  del bicchiere (gengive, collo uterino) si ricorreva allora a tubi speciali un po’ appuntiti ad un estremo, in cui vi si introduceva la sanguisuga per l’apertura grande e si costringeva  ad  uscire con  la  testa  dall’apertura   piu’   piccola,   spingendola dolcemente con una bacchetta di vetro.                                        

Per eccitare le sanguisughe veniva consigliato di bagnare la pelle con latte zuccherato oppure di strofinarla con sugna di maiale o meglio  di  pungerla  onde   gemesse  qualche gocciolina di  sangue: in modo che le sanguisughe  si  attaccavano facilmente. Era molto in uso anche bagnare con aceto o  altra sostanza, odorosa disgustosa per le sanguisughe, il fondo del bicchiere  perche’ esse allontanandosi si fissavano alla cute su cui poggiava  l’orlo.  Le sanguisughe una volta usate  si  dovevano buttare dal momento che il loro reimpiego era causa di contagio di malattie. Le mignatte che si volevano conservare per una qualche necessita’ si ponevano nella cenere o si immergevano un po’ di vino.

 Si  impiegavano  di  preferenza  come  mezzo  depletivo  o  decongestionante  perche’  assorbendo  il  sangue   dalla rete vascolare su cui si esercitava il  succhiamento,  si aveva la diminuzione  della  tensione sanguigna e quindi decongestionamento e cosi diminuiva il dolore. L’applicazione delle  sanguisughe  doveva  essere  fatta  sul   decorso dei vasi  che partivano dalla  zona  ammalata  ed  in  prossimità di essa ma mai direttamente su tale regione.                      

 I  punti  più  comuni  di  applicazione  erano:  la  regione  mastoidea; la nuca il collo ed il giugolo. Venivano  talvolta direttamente portate a contatto  di  parti  interne  gengive, tonsille, collo uterino ma queste pratiche furono subito abbandonate, il numero di sanguisughe da  applicare  era  ristretto a 4-6 ma in certi casi  si poteva arrivare fino a 20.

Nei casi di emofiliaci di malati indeboliti di vecchi e di bambini era bene astenersi dal sanguisugio.